Il corpo, ricettacolo di trasformazione secondo la medicina tibetana
Precario e soggetto al dolore come al piacere, il nostro corpo è il centro focale dell’esperienza di esseri umani. Basata sulle intuizioni del Buddismo tantrico, la tradizione medica tibetana non considera tanto il corpo come potenziale ricettacolo di malanni bensì come autentico mezzo per superare la limitata consapevolezza che sta alla radice di ogni malattia. Entro il nostro corpo fisico, sostengono i tibetani, si celano le sottili energie che collegano il nostro essere all’esistenza totale. Le preoccupazioni per le apparenze esteriori tuttavia, limitano l’esperienza di questa realtà fondamentale, chiudendoci in un mondo pieno di sofferenza e insoddisfazione.
Nella filosofia medica tibetana, i nostri atteggiamenti di autolimitazione nei confronti del corpo fisico sono considerati causa della maggior parte delle angosce fisiche ed emotive.
Dal momento della nascita i nostri corpi si trovano in una condizione di incessante trasformazione. La nostra resistenza ai cicli congeniti di decadimento e rigenerazione del corpo ci impedisce di penetrare i misteri più profondi che tale caducità dissimula. Come un medico tibetano osservava “è proprio il nostro attaccamento alla forma fisica del corpo che nasconde la sua natura essenziale, lo stesso Buddha ha dichiarato ‘il nostro corpo è prezioso. È un veicolo per il nostro risveglio’ aggrappandoci ad esso comunque, noi non vedremo mai per cosa realmente serve“
I dipinti tratti dal Berillo Blu contengono migliaia di immagini del corpo umano negli stadi mutevoli della malattia e della salute. Ventitré thangka della serie originale sono dedicate all’anatomia umana comprendendo i canali sottili di energia che, nello yoga tantrico, servono come base per riconoscere le nostre interconnessioni con l’intero cosmo. I dipinti medici tibetani rispecchiano queste intime meditazioni, offrendoci una fonte poderosa di intuizioni e rivelazioni. Contemplando il corpo in questa maniera, ci allontaniamo dalle effimere passioni che caratterizzano gran parte della nostra vita e ci accostiamo al vero potenziale dell’incarnazione umana.
Possedere un corpo umano è considerato dai tibetani una rara occasione – di gran lunga preferibile persino a rinascere come un dio. Solamente nella vita umana, i tibetani spiegano, esiste l’opportuno connubio di piacere e dolore che agisce da catalizzatore per il nostro cammino spirituale.
Al momento del concepimento, la passione dei genitori e la mescola delle essenze concorrono alla creazione di un passaggio attraverso cui la coscienza disincarnata del bambino può ancora una volta cercare la nascita, guidata dai venti del karma e dalla brama ricorrente dell’incarnazione.
Secondo la filosofia medica tibetana, ogni fenomeno animato e inanimato si compone di cinque elementi primordiali – terra, acqua, fuoco, aria e spazio – che simboleggiano le forze dinamiche che si compenetrano all interno di ogni elemento naturale. Come spiegava il dottor Yeshi Donden, “senza la terra non vi sarebbero fondamenta. Senza l’acqua le cose non potrebbero aderire. Senza il fuoco le cose non potrebbero maturare o giungere a perfezione. Senza l’aria le cose non potrebbero crescere e svilupparsi e senza lo spazio non vi sarebbe la possibilità o il posto in cui tale crescita potesse avere luogo”.
Nell’ambito della fisiologia umana, l’elemento terra è associato a componenti fisici quali ossa, pelle, unghie e capelli. L’acqua e in relazione con tutti i fluidi del corpo e il fuoco corrisponde al calore associato al metabolismo e alla digestione. L’aria, o vento, è l’energia vitale responsabile di ogni funzione corporale volontaria e involontaria mentre lo spazio è legato al concetto di coscienza.
Gli squilibri fra gli elementi del corpo, così come fra il corpo e gli elementi dell’ambiente esterno, causano i disturbi fisici e la malattia.